Italgas. Protezione dalla corrosione dal gas alle reti idriche

Intervista ad Andrea Giacomo Cafarelli, Maintenance Engineering Italgas Reti

Parliamo oggi di Protezione Catodica con accenti nuovi. Oltre al suo ruolo tecnico, può assumere un significato più ampio, legato a principi di sostenibilità ambientale ma pure di etica se pensiamo a un bene da preservare?

Il fatto che tu abbia accennato alla responsabilità mette al centro una serie di valori; prima di tutto, noi ci sentiamo e siamo responsabili verso la comunità, soprattutto in termini di sicurezza e verso chi ci affida la manutenzione delle proprie infrastrutture. Personalmente, ma si tratta di principi solidi in Italgas, consideriamo la responsabilità un tema centrale. Il nostro obiettivo è gestire al meglio i nostri asset, non solo per quanto riguarda la protezione catodica naturalmente, ma per garantire sicurezza, durevolezza e continuità del servizio. Si tratta di una grande responsabilità, di cui siamo orgogliosi di farci carico. Si tratta di un compito impegnativo e appassionante al tempo stesso, che mette a confronto di continuo reti di competenze. Come quelle sviluppate da sempre con i colleghi di SNAM, che affrontano con il trasporto del gas temi complessi ma affini a quelli della distribuzione. Garantire il corretto funzionamento e la durata nel tempo di tubazioni interrate che passano tra case, centri storici, talvolta sotto corsi idrici è un impegno di una certa portata. È un lavoro affascinante, complesso che richiede grande attenzione, controllo e una presenza costante sul territorio.

Quando parli di territorio fai riferimento ad ambiti molto diversi tra loro; come hai accennato operate sia in zone altamente antropizzate che in aree remote. In ogni caso la conoscenza del contesto e quindi degli asset è sempre alla base di ogni intervento. La digitalizzazione delle reti – con la trasformazione in vere Smart Grid del gas – ha dato nuovi strumenti anche alla protezione dalle corrosioni?

Abbiamo digitalizzato completamente la nostra rete, il che significa che oggi monitoriamo tutti i parametri fondamentali e anche oltre, per avere una visione chiara dei nostri asset, dalle reti stradali agli impianti. Questo ci ha dato un enorme vantaggio rispetto a qualche anno fa, quando tutto si basava esclusivamente sulla presenza fisica sul territorio. Tuttavia, la conoscenza del territorio resta imprescindibile. Sapere dove passa una tubatura, comprendere la tipologia del terreno, conoscere i luoghi al di là dei dati forniti dal telecontrollo è un valore che custodiamo con cura. La nostra esperienza, il nostro know-how, derivano proprio dalle persone sul campo, che non si limitano a interpretare i dati, ma li integrano con la conoscenza diretta e con le caratteristiche dei territori in cui siamo presenti. È uno dei nostri tratti identitari: essere radicati e operare a livello locale.  Certo, l’integrazione con la digitalizzazione ci ha offerto un vantaggio decisivo, permettendoci di anticipare molte criticità. Tuttavia, la presenza sul campo e la conoscenza diretta del territorio restano elementi insostituibili.

La valutazione e lo studio dei dati hanno quindi permesso di arrivare a una manutenzione predittiva, che ha impattato anche sulla protezione catodica?

Certamente, ma la protezione catodica non si limita alla fase manutentiva. Non riguarda solo la sicurezza e l’affidabilità delle reti una volta realizzate, ma interviene già a monte, influenzando direttamente i criteri progettuali e costruttivi. Ecco perché, come nel nostro caso, è fondamentale che chi si occupa di progettazione abbia una solida conoscenza della protezione catodica, sia in possesso delle certificazioni necessarie e progetti reti concepite sin dall’inizio per proteggere l’acciaio interrato nel tempo. Adottiamo infatti un approccio design to maintenance, integrando la protezione già nella fase iniziale del processo. Inoltre, grazie alla digitalizzazione, oggi non ci limitiamo a monitorare e controllare in tempo reale la rete: attraverso sofisticati algoritmi di Digital Twin, siamo in grado di simulare e anticipare il comportamento delle infrastrutture, prevedendo come evolveranno nel tempo in funzione di variabili come estensioni, usura e invecchiamento naturale. Un esempio concreto è il nostro algoritmo avanzato di Smart Maintenance applicato alle tubazioni stradali. Questo sistema ci consente di individuare preventivamente le tratte che potrebbero sviluppare criticità o manifestare segni di degrado precoce. Il risultato è che ogni anno riusciamo a sostituire in anticipo un numero sempre maggiore di chilometri di rete, prevenendo i problemi prima che si manifestino e aumentando in modo significativo la sicurezza e l’affidabilità del sistema. Come in ogni ambito dell’ingegneria o dell’informatica, partire da un concetto chiaro e integrarlo sin dalla progettazione è la chiave per ottenere risultati superiori.

Nel caso di nuove acquisizioni come vi comportate?

Laddove riusciamo a intervenire ex post in modo efficace, lo facciamo. Ma se non possiamo garantire un risultato d’eccellenza, rifacciamo l’infrastruttura da zero. Prendiamo per esempio i gruppi di riduzione, asset fondamentali nel nostro settore. Si tratta di dispositivi situati all’ingresso di un paese o di una rete locale, che abbassano la pressione del gas. Nel tempo abbiamo rivisto radicalmente questi impianti perché le logiche di gestione sono cambiate. In molti casi non era possibile adattare i vecchi gruppi di riduzione agli standard attuali, quindi li abbiamo sostituiti. Dal 2020 a oggi abbiamo installato circa 6000 nuovi gruppi di riduzione, per evolvere quelli esistenti in termini di sicurezza, digitalizzazione e continuità del servizio. Questo è il nostro approccio: può sembrare eccessivo, ma quando si parla di gas, sicurezza e gestione dell’infrastruttura, il “troppo” non esiste. Quindi, concordo, se un sistema è progettato bene fin dall’inizio, funziona meglio. Tuttavia, c’è sempre la possibilità di intervenire ex post per riportarlo agli standard che riteniamo adeguati.

In questo caso, quanto impattano sulle decisioni i risultati delle vostre analisi costi/benefici?

Naturalmente tutti gli investimenti sono stati valutati con molta attenzione, ponderando costi e benefici, e complessivamente, dal punto di vista qualitativo, abbiamo certamente fatto un passo significativo rispetto all’affidabilità delle reti. Ad esempio, in passato ovvero prima della digitalizzazione, ispezionavamo i nostri IPRM (impianto di prelievo riduzione e misura), almeno una volta al mese, come imposto dalle normative vigenti. Questo controllo viene ancora fatto, visto che la normativa non è cambiata, ma abbiamo implementato un monitoraggio continuo e in tempo reale da remoto di tutte le misure fondamentali per la sicurezza e la continuità del servizio delle nostre reti. Un aspetto qualitativo che aumenta la sicurezza ma che non porta benefici economici diretti. Gli interventi ora sono diventati più mirati, passando da una manutenzione a scadenza a un modello a evento o predittiva; un approccio che ci offre un grande vantaggio, soprattutto con gli asset di nuova generazione; nel tempo, se i segnali che arrivano dal campo ci danno la certezza che tutto stia funzionando bene, non c’è motivo di intervenire prematuramente, se non per quanto imposto dalle normative. In sostanza quindi, oltre a garantire una maggiore sicurezza e continuità del servizio, questo approccio ci consente di ridurre i costi di manutenzione e le emissioni per raggiungere i nostri impianti sul territorio. Ricordiamoci che il metano, seppur naturale, è un gas serra. Per noi è molto chiaro l’obiettivo Net Zero che stiamo perseguendo e che si traduce in interventi significativi: una rete più moderna, una gestione intelligente delle pressioni (più alta è la pressione, maggiore è la dispersione anomali), una conseguente riduzione delle emissioni. Anche su questo fronte, possiamo dire di essere un’eccellenza.

Limitare le emissioni diventa un fattore fondamentale per rendere concreta l’idea di una transizione sostenibile, sia dal punto di vista sociale che ambientale ed economico.

Sono pienamente d’accordo. Essere un’azienda data-driven significa poter dimostrare con dati concreti l’efficacia delle nostre azioni, evitando proclami o slogan. Quello che ti sto raccontando ora è un quadro principalmente qualitativo, ma potrei facilmente accompagnarlo con numeri che lo supportano, a partire dalla riduzione certificata delle emissioni, riportata nel nostro bilancio di sostenibilità. È una prova solida e tangibile di ciò che facciamo.

 

 

Siamo protagonisti attivi della transizione energetica, valorizzando i nostri asset anche in funzione dell’introduzione dell’idrogeno. Non ci limitiamo a seguire l’evoluzione: facciamo da apripista e partecipiamo attivamente a numerosi tavoli di lavoro. Tra le sperimentazioni in corso, una delle più rilevanti è in Sardegna, dove stiamo realizzando un progetto Power to Gas che prevede l’installazione di un impianto di conversione per alimentare autobus a idrogeno. Un’iniziativa che, tra le altre cose, ci fornirà informazioni preziose anche sul fronte della protezione catodica.

La nostra rete è già pronta ad accogliere blend di metano e idrogeno, e stiamo lavorando per adattarla progressivamente in base alle esigenze future. Grazie alla digitalizzazione, monitoriamo in tempo reale il comportamento dell’infrastruttura e possiamo contare su una rete resiliente e flessibile, pronta a gestire qualsiasi scenario. Questo è uno degli obiettivi principali del nostro Amministratore Delegato: costruire una rete capace di evolvere, passando dal gas naturale al bending, fino al gas prodotto localmente.

Per quanto riguarda la protezione catodica, continueremo ad applicare le nostre best practices anche nell’ambito dell’idrogeno. Una tubazione interrata in acciaio ha sempre bisogno di protezione, indipendentemente dal tipo di gas che trasporta. Continueremo quindi a perfezionare le tecniche in base ai nuovi scenari, anche se – in generale – non prevediamo impatti strutturali significativi sull’infrastruttura.

Italgas ha fatto importanti investimenti anche sul fronte idrico? C’è un ponte tra i settori gas e acqua?

Tutto quello che abbiamo imparato in Italgas su digitalizzazione, controllo e protezione catodica in ambito gas lo stiamo applicando anche alle reti dell’acqua. Siamo tra i primi ad affrontare questo cross tra segmenti e posso dire con certezza che siamo decisamente all’avanguardia; cerchiamo di applicare le migliori pratiche. Le reti idriche che gestiamo tramite NEPTA, società del Gruppo Italgas attiva, ad esempio, in Campania e Sicilia, sono già state collegate ai nostri sistemi avanzati DANA (Digital Advanced Network Analytics) e NPTA (Network Performance and Technology Application), e stanno progressivamente integrando tecnologie di ultima generazione.

Stiamo infatti portando anche nel settore idrico strumenti come il sistema SCADA, che consente il monitoraggio in tempo reale della rete, delle pressioni e degli allarmi, oltre a una rete di sensori che abilita una gestione completamente digitale delle infrastrutture.

Naturalmente, si tratta di un’evoluzione da affrontare con logiche specifiche, considerando anche che il settore idrico non dispone ancora di una tariffa stabile, in grado di garantire una remunerazione certa degli investimenti. Quando arriverà quella spinta regolatoria, il comparto potrà compiere un salto di qualità significativo.

Nel frattempo, siamo già pienamente operativi su numerose iniziative e ci stiamo strutturando per essere leader anche nella digitalizzazione delle reti idriche.

Il sistema SCADA, che utilizziamo per monitorare la rete, le pressioni e gli allarmi, insieme a un’ampia gamma di sensori per la gestione digitale delle infrastrutture, è in fase di implementazione anche sulle reti idriche.

È un percorso che richiede un approccio specifico, con tempistiche e modalità diverse rispetto al settore gas, anche perché il comparto idrico è ancora privo di una tariffa regolata e stabile, capace di garantire un ritorno certo sugli investimenti.

Quando arriverà quella spinta normativa e regolatoria, siamo convinti che il settore potrà compiere un salto di qualità significativo.

Nel frattempo, abbiamo già avviato numerose iniziative e ci stiamo organizzando per essere tra i protagonisti anche nella trasformazione digitale dell’acqua.

L’assetto del settore idrico rimane un tema complesso, che ha bisogno di una decisa spinta soprattutto su alcuni territori.

Si tratta di un tema che mi appassiona molto e sono coinvolto in prima persona sui tavoli dedicati. Si tratta peraltro di un tema strettamente legato a quello energetico, che va affrontato con la stessa intensità, sia a livello normativo che aziendale.  È essenziale individuare soluzioni concrete ed efficaci, perché l’acqua non è una risorsa illimitata, anche se per troppo tempo l’abbiamo considerata come tale.

La protezione catodica nel settore idrico rappresenta una delle frontiere a cui si sta avvicinando anche Apce. Serve anche da parte delle istituzioni un approccio più maturo e consapevole sulla questione.

Sono d’accordo, è un tema che affonda le radici nella cultura. Spesso si tende a pensare che intervenire su un problema, ad esempio sostituendo un tubo, sia una soluzione definitiva. In realtà, si tratta solo di un rimedio temporaneo che rimanda nel tempo una questione strutturale, destinata inevitabilmente a ripresentarsi.

È per questo che associazioni come Apce sono fondamentali: devono non solo sensibilizzare, ma anche educare alla necessità di una visione a lungo termine e di una gestione continua delle infrastrutture. Non si tratta solo di installare un tubo sottoterra, ma di comprendere che ogni infrastruttura va monitorata, protetta e gestita in modo consapevole per garantirne l’efficienza nel tempo. La cultura della manutenzione preventiva e della protezione continua è essenziale per evitare problemi futuri, ridurre sprechi e costi e soprattutto per proteggere risorse vitali come l’acqua e l’energia. Pompare acqua in reti che perdono, oltre a essere eticamente scorretto, è decisamente antieconomico.

Declinare la protezione catodica dal gas all’acqua, da un punto di vista tecnologico presenta differenze sostanziali?

Il principio rimane lo stesso e le best practice che adottiamo per la protezione catodica nel gas sono facilmente adattabili e vengono applicate anche al settore idrico. Ovviamente ci sono delle differenze progettuali di cui tener conto; tuttavia, un tubo interrato, indipendentemente dal fatto che trasporti acqua o gas, tende comunque a deteriorarsi.

Il fatto di essere intervenuti in modo molto virtuoso su territori come la Sardegna, dove la metanizzazione e l’uso dell’idrogeno sono già realtà, vi permette di dialogare con altri attori che gestiscono infrastrutture? Questo approccio potrebbe contribuire allo sviluppo di aree che sembrano altrimenti destinate a un progressivo spopolamento.

Sì, questo è sicuramente auspicabile. Collaborare con altre utility e altri enti è un aspetto per noi fondamentale. È un dato di fatto che laddove arriva la metanizzazione, si genera anche sviluppo industriale. Proprio in Sardegna abbiamo coinvolto diversi attori sia pubblici che privati, e anche alcune scuole hanno richiesto allacciamenti. Dove arriva il gas si crea anche sviluppo. Non ho informazioni precise su interventi coordinati tra le utility dell’isola, ma lo ritengo di principio un driver importante di sviluppo. Per esempio, abbiamo collaborato con Open Fiber per la posa della fibra ottica su alcuni territori. In questi casi, quando posiamo le tubazioni stradali portiamo anche la fibra, secondo un programma di ottimizzazione e sviluppo.

Per chiudere vorrei ci portassi un esempio virtuoso, di recente realizzazione, legato a un progetto che avete particolarmente a cuore.

Cito senz’altro un intervento in fase di avvio in Calabria. Una sperimentazione su sistemi antisismici che, in caso di scossa, sono in grado di interrompere il flusso di gas. Questo ci permette di lavorare ulteriormente sul tema della sicurezza, utilizzando algoritmi avanzati che stiamo sviluppando in collaborazione con l’Università di Pavia e Tokyo Gas. Il Giappone, com’è noto, vanta un’esperienza consolidata in ambito sismico, e proprio da lì stiamo acquisendo competenze preziose da integrare nelle nostre soluzioni. La vicinanza al territorio e l’attenzione alle specifiche esigenze locali sono sempre un nostro focus. Partiamo dalla Calabria, certamente zona sismica, nell’area di Bagnara Calabra, per poi esportare e distribuire questa tecnologia e best practice anche in altre zone del Paese. Una rete che viene monitorata dunque con grande capillarità i cui dati si abbinano a quelli della protezione catodica, com’è normale che sia.

Non parlerei di non rispondenza ai requisiti di sicurezza, ma di una volontà di innalzare la qualità del servizio attraverso innovazione e digitalizzazione.

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